Buongiorno Elena Gaiffi, grazie per questa intervista e per la partecipazione a #GHRSummit23. Cosa vi aspettate da questo evento? Con quale spirito vi apprestate a prendervi parte?
Grazie a voi per la creazione di un evento sempre unico e interessante. Lo spirito con cui partecipiamo è quello che piace a Laborplay, quello dei bambini, quello della scoperta.
Si parla sempre più spesso di reskilling e della necessità per chiunque di allenare la propria elasticità, la capacità di far fronte ai cambiamenti e di formarsi in modo continuo e permanente. Come devono strutturarsi le realtà HR per essere davvero punti di riferimento in questo scenario?
Il reskilling è ormai da anni un tema centrale, forse da tempi precedenti alla pandemia. Le restrizioni e i primi lockdown non hanno fatto altro che accelerare o rendere palese quella che è da sempre un’esigenza delle aziende ma anche dei singoli. La parola VUCA la sentiamo ormai nominare spesso senza pensare che è stata coniata nel 1985 e di incertezza del domani ne parlava Lorenzo De’ Medici nel 1450. La realtà dei fatti è che il cambiamento fa parte del presente. Possiamo dire che “certo” è solo quanto è scritto nei libri di storia.
Per questo è importante non solo imparare a convivere con l’incertezza, ma anche imparare a considerarla come un’opportunità per approcciare con curiosità a scenari o mondi futuri, staccandosi dalle logiche tradizionali e provando a potenziare nuove competenze e conoscenze.
La figura che più rappresenta questo approccio ideale è il game-designer: inteso non come mero sviluppatore di giochi ma come “iniettore” di metodo, coinvolgimento e creatività, anche ai contesti aziendali.
Se gli anni della Pandemia sembravano essere quelli del Metaverso, il 2023 è dominato dal boom di ChatGPT e dei prodotti e servizi basati su questa e su altre AI generative. Con quali occhi il professionista HR dovrebbe guardare questi strumenti?
Non credo che un AI possa mai inventare qualcosa come i post-it o le patatine. Le AI fanno uso di dati, analizzano i comportamenti e fanno riferimento ad algoritmi e modelli matematici. Un’AI non avrebbe mai considerato come prodotto “valido” una patatina, questo perché le patatine, come le conosciamo noi, nascono da un “errore”, così come il Post-it, la penicillina, i raggi X o il microonde. Potremo dire che l’AI manca di pensiero laterale o di attitudine al cambiamento, proprio perché basata su dati che fanno già parte del passato nel momento stesso in cui li sta processando.
Attenzione però perché le migliori innovazioni sono nate dal geniale assemblaggio di oggetti assai datati: le prime valigie risalgono ai tempi di Tutankhamon (XIV secolo a.C.), la ruota fu inventata probabilmente nel 3400 a.C. e il trolley solo nel 1987. Insomma, l’AI è potente e fallace al tempo stesso, come mille altri strumenti. Potrebbe sostituire un professionista HR? Tecnicamente sì. Sarebbe ugualmente efficace? Non è così importante, sarà più importante il rapporto costo-risultato ed è evidente che l’AI ha tutte le carte per poter vincere la partita, almeno in alcuni settori. Perciò, poiché nulla è scontato, piuttosto che da estremisti, dovremo approcciare queste soluzioni da attenti osservatori per comprendere, oggi, come servircene in modo intelligente e domani come cavalcare il cambiamento che introdurranno.