Interviste

Intervista a Andrea Vanazzi, Head of Corporate Digital Knowledge & Sales Coordinator di Osservatori Digital Innovation

Buongiorno Andrea, grazie per questa intervista e per la partecipazione a #GHRSummit20. Avete già preso parte a una o più delle tre precedenti edizioni?
Si, abbiamo partecipato alle ultime due edizioni. Ci prepariamo ad affrontare l’edizione 2020 con uno spirito positivo in modo da poter presentare a tutte le realtà coinvolte la nostra offerta e a raccontar loro le novità che abbiamo in serbo per il 2021, a partire dal nuovo sito.

La Pandemia ha allentato la sua drammatica presa in Italia a partire da giugno, ma l’emergenza è tutt’altro che rientrata. Come cambierà il settore HR dopo questo sconvolgimento epocale?
Va detto che questa pandemia ha investito in pieno un po’ tutte le organizzazioni. E di fatto ha cambiato, sta cambiando, e cambierà ancora le modalità di lavoro. Si tratta di una situazione senza precedenti, che ci ha colti di sorpresa. Quello che è successo con le Direzioni HR delle imprese italiane lo abbiamo valutato con il nostro Osservatorio HR Innovation Practice. Abbiamo notato che hanno risposto sviluppando nella quasi totalità piani di comunicazione sull’emergenza ai lavoratori (nel 95% dei casi) e ampliando le policy per il lavoro da remoto (93%), ma anche pianificando nuovi turni per ridurre le occasioni di contatto e venire incontro alle esigenze delle persone (55%), facendo formazione sugli strumenti digitali per lavorare da casa (48%) e sulle soft skills digitali (46%), aggiungendo servizi ai pacchetti di welfare (42%).
E poi c’è da aggiungere che la pandemia globale ha anche stravolto le priorità del 2020. Ai primi tre posti per le Direzioni del personale oggi ci sono l’introduzione o il potenziamento dello Smart Working (65%) e lo sviluppo di cultura e competenze digitali (45%). Molto spesso lo sviluppo di competenze digitali passa dalla formazione, un processo che deve sempre più innovarsi ed essere più digitale, intuitivo e personalizzato rispetto alle esigenze delle persone. Anche utilizzando questa logica abbiamo di recente ripensato il nostro sito osservatori.net.
In generale è quindi importante comprendere che ‘emergenza attuale può rappresentare una spinta verso l’innovazione digitale e che le aziende stanno iniziando a sviluppare consapevolezza sull’importanza di avere processi HR integrati e digitalizzati.

Smart working: durante il lockdown abbiamo chiamato in questo modo anche i più semplici esperimenti (peraltro forzati) di remote working. Cosa manca alle aziende italiane per essere davvero smart e portare a regime (anche in modalità mista) le esperienze maturate in quel difficile periodo?
Di certo siamo davanti a una innovazione che, causa la pandemia, è diventata attualissima. E sicuramente ha subito una accelerazione brusca e inattesa. Credo fermamente, però, che molti smart worker causa pandemia siano stati più che altro improvvisati, perché non c’è stato il tempo necessario – per molte aziende – di organizzare e strutturare un processo vero. Un processo che possa portare a veri benefici.
Ricordo che il nostro Osservatorio Smart Working, negli ultimi dieci anni ha misurato i benefici che sia il lavoratore sia l’azienda possono trarre dal vero Smart Working. I principali benefici rilevati riguardano il miglioramento dell’equilibrio fra vita professionale e privata (46%) e la crescita della motivazione e del coinvolgimento dei dipendenti (35%) senza considerare il miglioramento della produttività – stimato al 15% circa nel 2019 – la riduzione dell’assenteismo e la diminuzione dei costi per gli spazi fisici. La difficoltà nel gestire le urgenze è ancora un ostacolo per il 34% dei responsabili; l’utilizzo delle tecnologie lo è per il 32%, la pianificazione delle attività per il 26%.

Grazie per averci concesso questa intervista, ci vediamo a Pacengo di Lazise (VR).

Andrea Vanazzi di Osservatori Digital Innovation
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