Buongiorno Chiara Bacilieri, grazie per questa intervista e per la partecipazione a #GHRSummit21. Ci eravamo lasciati, lo scorso anno, con la Pandemia in ripresa in Italia e nel mondo, dopo un’estate in cui da noi sembrava aver allentato la presa. Come accadde con l’11 settembre molti dei cambiamenti in atto sono qui per restare, ma come cambierà il settore HR dopo la Pandemia Covid-19 e di cosa avrà bisogno il mondo del lavoro?
Mai come nell’ultimo anno abbiamo sperimentato una così forte sovrapposizione tra i nostri diversi ruoli di vita, familiari e professionali. Questo automaticamente estende la responsabilità delle aziende dal gestire la ‘employee’ experience al prendersi cura della ‘life’ experience delle persone. Riconoscere che i molteplici ruoli di vita dei propri collaboratori possono essere un valore e una ricchezza anche per l’azienda – per le competenze soft che le persone allenano in tutti i loro ruoli, per esempio – è una responsabilità e al contempo un’opportunità che assegna alla funzione HR un ruolo sempre più strategico, in cui il rapporto tra vita personale e familiare e vita professionale non è solo concepito e gestito in termini di “equilibrio” ma di sinergia, armonia e arricchimento reciproco.
Si parla sempre più spesso di reskilling e, comunque, della necessità per chiunque di allenare la propria elasticità, la capacità di far fronte ai cambiamenti e di formarsi in modo continuo e permanente. Come devono strutturarsi le realtà HR per essere davvero punti di riferimento in questo scenario?
Partirei proprio da questa parola: ALLENARE. Le competenze soft, a differenza di quelle hard, non sono qualcosa che possediamo o non possediamo, ma che alleniamo quotidianamente attraverso (tutte) le nostre esperienze di vita. Ecco perché la formazione deve estendersi anche al di là del contesto lavorativo: guardare alle persone solamente nel loro ruolo di “lavoratori” significa perdere l’opportunità di scoprire e valorizzare le competenze e i talenti che esprimono fuori dal lavoro. Per cogliere questa opportunità bisogna ampliare il focus dalla crescita professionale alla crescita personale, e dotarsi di strumenti che facilitino quella “transilienza” che consiste nel trasferire risorse e abilità dagli ambiti di vita “personale” al contesto lavorativo e viceversa, con un impatto sia sul benessere sia sulla produttività.
Quali sono secondo voi i trend e le tematiche su cui si evolverà il settore HR nei prossimi 5 anni? Quanto influirà l’esperienza pandemica sull’agenda che il vostro mercato stava portando avanti prima dell’avvento della Pandemia e delle restrizioni che ne sono scaturite?
Un trend importante nel settore riguarda la people analytics e l’evoluzione del people development attraverso l’uso dei dati. Se ai dati più “oggettivi” e tradizionalmente rilevati come il livello di talent retention, di benessere, di engagement e di produttività aggiungiamo dati di natura più “soggettiva” come i bisogni, le aspirazioni, le emozioni e le attitudini delle persone, riusciamo a vedere oltre la superficie di COSA accade e a capire PERCHÉ’ accade, quindi a intervenire in modo più puntuale ed efficace. L’esperienza pandemica e la conseguente sovrapposizione (e contaminazione) tra i diversi ruoli di vita delle persone hanno fatto emergere l’esigenza da parte delle aziende di conoscere meglio i propri collaboratori, per impostare piani di crescita e di benessere che mettano davvero la persona (non solo il dipendente) al centro dei processi HR.
Grazie per averci concesso questa intervista, ci vediamo al Global Summit.