Buongiorno Giuliano Trenti, grazie per questa intervista e per la partecipazione a #GHRSummit22. Avete già preso parte a una o più delle precedenti edizioni?
È la prima volta per noi e siamo molto entusiasti di partecipare a questo GHRSummit 2022. Per NeuroForce è la prima partecipazione. Io come presidente e fondatore di NeurExplore conosco bene il form relazionale importante del GlobalSummit avendo già partecipato a più edizioni.
Come mai da NeurExplore nasce NeuroForce?
Mi sono occupato per diverso tempo, come ricercatore in ambito accademico, di analizzare le dinamiche legate alla motivazione dei lavoratori.
Dopo decenni di esperienza nel neuromarketing, e vari confronti con i nostri clienti, mi sono accorto che le aziende avevano sempre più necessità legate alle dinamiche interne e che l’approccio neuroscientifico era efficace anche in ambito HR. Abbiamo allora ampliato la nostra struttura aziendale, creando una business unit dedicata alle risorse umane.
Cosa vi aspettate da questo evento? Con quale spirito vi apprestate a prendervi parte?
Vogliamo far scoprire cosa c’è di nuovo nelle applicazioni in ambito HR grazie alle tecniche neuro-comportamentali. Ci aspettiamo di trovare un networking di qualità, di trovare nuovi spunti e restituirne di altri, assorbendo le energie positive e frizzanti tipiche di un evento in presenza.
Si parla sempre più spesso di reskilling e della necessità per chiunque di allenare la propria elasticità, la capacità di far fronte ai cambiamenti e di formarsi in modo continuo e permanente. Come devono strutturarsi le realtà HR per essere davvero punti di riferimento in questo scenario?
Gli esperti HR oggi devono rifocalizzare al meglio l’attenzione sull’analisi dei talenti e dei punti di forza di ogni individuo, imparare a costruire nuove abitudini e a costruire una solida cultura aziendale, attorno alla quale costruire i team.
Inoltre, oggi più che mai, in un contesto di dimissioni di massa, si devono fidelizzare i collaboratori più validi e diventare capaci di attirare talenti di qualità.
Diventa cruciale introdurre l’abitudine in tutti i team e in tutte le azienda di una mentalità apprezzativa.
Insegnare alle organizzazioni a potenziare i principali punti di forza anziché cercare di affrontare i propri problemi con ansia e paura, sarà la sfida di tutte le realtà HR.
Quelli del cosiddetto “smart working” e del lavoro agile sono temi delicati e ancora da esplorare. In particolare il lavoro da remoto è stato in molti modi frainteso, durante la Pandemia, ma affinché queste opportunità decollino davvero occorrono competenze, tecnologie e visione. Cosa manca in questo Paese per andare nella direzione giusta?
Manca sicuramente la cultura. La Pandemia ha creato una nuova abitudine, ma cambiare la cultura è un processo molto più lungo, e la cultura imprenditoriale italiana è abituata al controllo della scrivania, ad esserci tutti agli stessi orari, alle riunioni in presenza dell’ultimo minuto. La pandemia ci ha abituati al lavoro da remoto, che segue le stesse regole del lavoro d’ufficio pre-pandemico ma che si svolge a distanza. Il lavoro smart è un’altra cosa però, e si basa sugli obiettivi e non sugli orari, premia i risultati non l’impiegato che timbra per primo. La mancanza di cultura in tal senso non aiuta i leader a trovare i giusti strumenti (che esistono) per misurare la produttività vera dei suoi lavoratori.
Quindi, oltre a competenze tecnologiche e all’introduzione di nuove abitudini lavorative, quello che alla base manca è la conoscenza approfondita delle risorse e dei team. Va riconsiderato ( o considerato) il ruolo importante delle emozioni delle persone e partendo da qui si possono costruire delle nuove routine lavorative che tengano conto delle peculiarità di ogni individuo e team e obiettivi di team.
Tecnologia, dispositivi, software, processi, automazione… spesso sembra che tutto questo debba seppellire il lato umano del lavoro, ma non è così. Cosa dovremmo spiegare ai molti NEET presenti anche nel nostro Paese e come potremmo convincerli di poter essere davvero utili e determinanti, se solo lo volessero?
La tematica dei NEET, ossia di coloro che ne studiano ne lavorano, ne si formano è davvero gigantesca. Ritengo che il primo step da compiere sia quello di capire che il lavoro non è solo un modo per guadagnare qualche soldo, ma anche e soprattutto di realizzarsi come persone. In qualsiasi campo. Anche perché il mondo del lavoro di oggi non è certo quello del passato.
Quello che vediamo è che più la tecnologia fa passi da gigante, più c’è bisogno di specialisti in grado di comandarla, programmarla, sistemarla e gestirla bene in caso di problemi. In sostanza, almeno in certi settori, l’avanzamento tecnologico sta alzando l’asticella, rendendo sì obsoleti ruoli e mansioni più operativi facilmente sostituibili, per concentrarsi su skill e specializzazioni che possano dare alle macchine le giuste informazioni, impostazioni e controlli per lavorare al meglio.
Perché un visitatore del #GHRSummit22 dovrebbe sedersi al vostro tavolo? Quali strumenti e/o quali strategie potete offrire ad un’azienda che si rivolga a voi in questo ambito?
L’importanza di un approccio scientifico applicato all’ HR, che noi riteniamo fondamentale per costruire team funzionali e strategici per la crescita delle aziende.
Ci sono delle novità che presenterete al #GHRSummit22 o un prodotto o servizio che metterete in qualche modo in evidenza o di cui volete accennare in queste righe?
Neuroscienze applicate all’HR e tutte le metodologie che utilizziamo per metterle in campo, in base agli obiettivi e soprattutto all’as is.