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La tecnologia come strumento per combattere il “quiet quitting”

Il “quiet quitting” è un fenomeno nato recentemente che ha radici profonde. Tale definizione indica una tendenza diffusa tra lavoratori di diversa età e consiste nell’approcciare al lavoro in maniera meno impegnata, fare lo stretto necessario rifiutando ogni progetto o mansione che esce dai propri compiti.

Se da una prima analisi superficiale potrebbe sembrare un fenomeno positivo, che esprime la volontà dei dipendenti di ristabilire un equilibrio tra vita lavorativa e vita privata mettendo l’accento sul benessere personale, in realtà ha un impatto estremamente negativo sull’azienda, e sul lavoratore stesso.

Il mantra di “fare il minimo indispensabile sul posto di lavoro” si traduce in una graduale disaffezione dai valori aziendali. Questo atteggiamento è maggiormente diffuso nei contesti in cui i manager non sono in grado di conciliare gli obiettivi di business con le esigenze dei dipendenti. Gallup, società di analisi e consulenza americana, ha condotto un’indagine chiamata “State of global workplace 2022” da cui sono emersi dei dati preoccupanti: la percentuale media di engagement del dipendente a livello globale è del 21% e negli Stati Uniti almeno la metà degli americani sembra composta da quiet quitter. L’Europa è ultima tra i continenti per coinvolgimento sul lavoro, con una percentuale del 14% con l’Italia che si colloca all’ultimo posto con una percentuale di engagement del 4%.

La demotivazione dei dipendenti ha un costo imponente per le organizzazioni. Infatti, questo fenomeno si traduce in una peggiore circolazione delle informazioni all’interno dell’azienda, in un minore senso di appartenenza, in una maggiore difficoltà nel fare innovazione e, quindi, in una peggiore efficienza complessiva. Un altro rischio a cui si va in contro da non sottovalutare è che il “quiet quitting” possa diffondersi. Il morale basso e la mancanza di motivazione possono essere contagiosi e diffondersi all’interno dell’azienda, senza contare il possibile sovraccarico di lavoro a cui potrebbero essere sottoposti i colleghi dei quiet quitter andando in contro a problematiche quali burn out e, in casi più estremi, portare alle dimissioni.

Il primo passo per le organizzazioni per contrastare questo fenomeno è individuare il problema e adoperarsi al meglio per risolverlo. In un mondo del lavoro dove il confine tra reale e virtuale è sempre più labile, un sapiente uso della tecnologia può essere un valido supporto. Porini, da sempre specializzata nella progettazione e nell’implementazione di soluzioni all’avanguardia per la trasformazione digitale, attraverso l’esperienza con diverse aziende cliente, è riuscita a progettare soluzioni efficaci aiutando così il business a definire e condividere in maniera chiara obiettivi e prospettive di crescita per i dipendenti, invogliando il dialogo tra manager e team promuovendo una comunicazione e uno scambio continui a tutti i livelli aziendali.

Grazie a una particolare intranet aziendale e a diversi strumenti tecnologici a supporto è stato possibile creare un sistema che incoraggia le persone a sviluppare abitudini lavorative sane, partendo da precise analisi comportamentali. Attraverso suggerimenti personalizzati, spazi dedicati alla formazione dove si trovano e si condividono informazioni relative agli argomenti più disparati, community in cui si può interagire con l’altro in maniera libera indipendentemente dal ruolo, “sistemi di alert” per segnalare comportamenti considerati tossici (call troppo lunghe, pause pranzo troppo brevi o orari di lavoro troppo lunghi) è possibile contrastare il “quiet quitting”. L’obiettivo di Porini è quello di creare un ambiente di lavoro più armonioso regolato da “good practice”, in cui tutte le persone che ne fanno parte continuano a creare valore trovando il proprio spazio restituendo un senso a quello che fanno.

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