Le aziende parlano. Attraverso le persone articolano una grammatica complessa, che fa capire a chi sta fuori che visione del mondo penetra tra quelle scrivanie, tra quelle linee d’assemblaggio, davanti a quelle macchinette del caffè.
Il momento del colloquio con un potenziale nuovo assunto, in questo senso, è fenomenale: attraverso le frasi “reali” pronunciate dai valutatori, ma anche grazie alle reazioni dei candidati, è possibile ricostruire un’intera galassia fatta di rappresentazioni sociali, schemi di pensiero, filtri, distorsioni cognitive, compromessi.
Lasciare spazio a questo linguaggio, dunque, e analizzarlo nel profondo, significa superare completamente la retorica del colloquio e del rapporto candidato/azienda, per come è stata dipinta e in parte sfruttata nell’ultimo decennio.
Significa individuare l’unico sentiero nascosto che possa condurre il valutatore in primis ma anche lo stesso candidato, a centrare l’attenzione sulle due variabili chiave: I COMPORTAMENTI, come elemento fondante della job, e LE COMPETENZE, come variabile maggiormente predittiva.
Si può fare. Come? Proprio iniziando a destrutturare un certo linguaggio.